Politica e giovani: (ri)educazione civica versus social superficialità?

In un’estate con poche buone notizie non meraviglia che la reintroduzione dell’Educazione civica come materia autonoma non abbia ancora attratto l’attenzione. Eppure, nel contesto politico ed istituzionale opaco di queste settimane, va riconosciuto al ministro Bussetti di aver fatto cosa buona e giusta.

Per genitori che hanno figli prossimi ad essere cittadini maggiorenni ed elettori si può aprire la possibilità di avviare un dialogo nuovo: perché, diciamocelo, di (ri)educazione civica ne abbiamo bisogno proprio tutti, dopo l’ubriacatura della social superficialità, delle semplificazioni che hanno reso tutto “chattabble, twittable, facebookable” ma, proprio per questo, molto poco civico, relazionale e pure poco consono al carattere culturale italiano.

Cogliamo dunque l’opportunità di sbirciare i testi, gli appunti di educazione civica dei nostri ragazzi: ci faranno bene e magari ci aiuteranno, genitori e figli, a costruire un dialogo – non una chat – persino sulla politica.

A conversare con i giovani, anche i meno attenti e più instagrammizzati o whatsappizzati, si scoprono cose interessanti: lo dico da genitore. Sono molto più attenti di quanto si creda ed interessati a quanto succede: certo la politica spettacolo, la social politica è efficace e spesso è determinante perché essi si creino un identikit simpatico di questo o di quel leader.

Una comunicazione easy, friendly, estremamente semplificata che ha reso interessanti persino alcuni leader locali, sindaci e presidenti di regione o, come vengono definiti, sgualcendo la Costituzione italiana, “governatori”.

Eppure stando vicini ai nostri ragazzi scopriamo che sotto un innamoramento di uno slogan, la simpatia per un leader sovranista, movimentista, buonista, destrista o sinistrista – il nostro è un paese che ama l’”etichettismo”, salvo poi non sapere che contenuti e funzioni dare a ciò che dura lo spazio di una stagione, anzi di un post – scopri che si fanno domande e hanno un disperato bisogno di risposte. Nel caos percepiscono la necessità di regole, di un aiuto a fare ordine mentale e comportamentale, e se riesci a parlarci e a stimolarli, questi giovani dimostrano tutta la vera paura per un male oscuro che temono: la noia, l’indifferenza, la sterilizzazione delle relazioni umane conseguenza dell’abuso dei social. Social che hanno reso tutti noi, la cosiddetta società civile – a proposito ne esiste una anche incivile? – più smart, ma molto meno civica.

L’Educazione civica ha un vantaggio e una difficolta: non si insegna, si condivide nell’esperienza, certo con alcuni punti di riferimento didattici.

L’augurio è che si riesca ad interessare i nostri giovani, facendo capire loro che la vita civile, la solidarietà, l’insistenza di chiedere, approfondire e di confrontarsi e la Politica non si riducono ad un messaggio.

In questi ultimi anni ci siamo quasi assuefatti che i social potessero benissimo sostituire difficili confronti nelle sedi istituzionali, che un referendum si potesse tranquillamente fare con un “mi piace”, che una legge esistesse per il semplice fatto di averne postato l’idea, che l’approfondimento di un argomento e un serio dibattito dialettico (concetto che credo sia conservato solo in qualche vocabolario etimologico) non servisse, tanto ci pensa il leader che per essere tale sa tutto, compreso ciò che è buono per la comunità.

Ecco perché credo che l’Educazione civica dovrà ripartire proprio dalla comunicazione, civica e civile, una sorta di disintossicazione indispensabile per i nostri ragazzi, ma ancor più per noi adulti.

Riscoprire la Costituzione, comprendere come partecipare alla vita della propria città, divenire consapevoli che anche i temi dell’ambientalismo, del lavoro, dell’economia e delle relazioni tra popoli, culture, religioni non possono esaurirsi in una chat o scartabellando Wikipaedia, ma necessitano di conoscenza e condivisione, tutto ciò ci aiuterà persino ad usare più umanamente i social e a non essere da loro e da chi ne è il proprietario usati.

Condividiamo con i nostri giovani, soprattutto con coloro che si preparano ad assumere la responsabilità della maggiore età e del loro primo impegno in politica anche se solo come elettori, che la conoscenza senza pensiero può rimanere sterile, ma che il pensare senza conoscere ha generato chimere ed esiti pericolosi.

L’Educazione civica e la storia ci insegnano che esistono gli Statisti (rarissimi), resistono alcuni discreti politici, ma spesso vi è il rischio che emergano per lo più politicanti che scambiano i social – ogni epoca ha avuto il suo – per il Sociale e lo Stato per un blog: l’Educazione civica, nel su piccolo, può suggerire ai nostri figli di chiedersi quali, tra quelli, siano preferibili.

Francesco Antonich